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LA FORMAZIONE

Cosa vogliamo davvero dai nostri ragazzi


Scrivere oggi e riflettere su educazione e prevenzione all'indomani di troppa cronaca nera è impegno serio e stimolante.
Pare che nessuna situazione esterna in questa società possa offrire garanzie: il disagio giovanile scorre trasversalmente lungo tutte le latitudini, tocca tutti gli ambiti sociali e sconvolge famiglie "per bene", come ambienti a rischio per definizione. E su questo non c'è ormai nessun dubbio.
Dalla violenza all'uso di sostanze e di alcol il mondo dei nostri ragazzi sembra toccato da una seria sofferenza. O noia? O crisi di valori? Saturazione da benessere?
Infinite letture, infiniti pareri e appelli accorati al mondo adulto perché si impegni maggiormente nell'educazione dei giovani con un occhio a quella parola onnicomprensiva che è "prevenzione".
Prevenire perché? Per ragioni etiche, innanzitutto. Una società ove si vive meglio, ove la gente si rispetta, ove esiste una progettualità futura, è una società che offre maggiori garanzie di serenità a tutti. E per non trascurabili ragioni economiche. Il disagio, la devianza giovanile, le tossicodipendenze hanno costi sociali altissimi. Citiamo ancora una volta la lettera online di un ex detenuto: "Sui libri c'è scritto tutto, su come fare, come curare. Come si dovrebbe intervenire nelle periferie, con i ragazzi nei guai: se avessero fatto qualcosa, a conti fatti sarei costato di meno. Di certo meno di quelle 400mila lire al giorno (in totale più di un miliardo) che avete speso, in carcere, per me. Potevate spendere meglio..."

Questo è il punto di partenza che apre la strada alla domanda che ci tocca più da vicino: cosa può e deve fare il calcio giovanile per l'educazione dei suoi giovani atleti? Moltissimo, senza dubbio!
Il rettangolo verde (anche quando proprio verde non è!) esercita sui ragazzi un fascino unico; rappresenta il gioco per eccellenza, una sfida importantissima per la definizione e la realizzazione della propria personalità; un confronto continuo con gli altri "pari età" e con gli adulti (dirigenti, allenatori, arbitri, genitori); una prova per se stessi e le proprie capacità; un incontro con l'incertezza del risultato, la gioia della vittoria e la frustrazione della sconfitta, il dolore dell'infortunio e l'ingiustizia di una sanzione non meritata.
In tutto ciò è contenuta la vita intera, in dimensioni comprensibili anche ai bambini.
Infinite situazioni in cui l'adulto può accompagnare e stimolare una crescita equilibrata del minore, aiutandolo a capire e accettare momenti di esplosiva felicità e di profonda frustrazione.
Parrebbe molto semplice: ma allora perché tanto disagio e tanta tensione sui campi giovanili? Sono, forse, gli adulti l'anello debole della catena? Distratti, stanchi, polemici, nervosi e disattenti...?
E' molto probabile che sia cosi e comprendere questo non significa affatto mettere in scena inutili processi a genitori, dirigenti, allenatori, nonché arbitri o Federazione. Ma piuttosto far scendere in campo la fantasia per creare nuove occasioni di incontro e di dialogo, definire con maggiore chiarezza gli ambiti di competenza e rispettarli, essere pienamente consapevoli (tutti!) del proprio ruolo di educatori e confrontarsi con serenità e umiltà con il proprio territorio e le altre agenzie educative per poter intervenire in modo efficace qualora si presentino problemi seri, osservare con chiarezza le proprie reazioni e cercare innanzitutto di capire bene cosa vogliamo davvero per i nostri ragazzi. Il nodo del discorso siamo sempre noi.
Cosa vogliamo davvero per i nostri ragazzi?
E ciò che desideriamo per loro e con loro è un progetto comune o una serie di aspirazioni individuali coperte da tediose frasi fatte ( ...non importa il risultato...basta che i ragazzi si divertano...)? Siamo sicuri di comunicare con onestà i nostri desideri e i limiti entro cui vorremmo realizzarli? Abbiamo stabilito regole chiare anche per i nostri comportamenti?
Ciò che i ragazzi davvero non tollerano è l'incoerenza e la "faciloneria" di noi adulti: infinite volte li abbiamo sentiti raccontare e criticare situazioni di orwelliana memoria: "Le leggi sono uguali per tutti ma per alcuni sono più uguali..."
Non è davvero difficile riconoscersi in questo sistema di deroghe infinite e nebulose, cosi irritanti alla sensibilità cristallina dei bambini e dei giovani!

Su questo tema si potrebbero aprire infiniti dibattiti, ma ci preme qui stabilire un altro punto, a nostro avviso irrinunciabile in un discorso educativo serio: l'assoluta necessità di comunicazione tra i cosiddetti "adulti di riferimento"; lo scambio, cioè, di impressioni tra genitori, dirigenti e allenatori sullo stato d'animo del ragazzo, sulle sue reazioni e sull'umore. Nessuno possiede la verità; ognuno vede e nota aspetti diversi, ma, insieme, si possono sicuramente cogliere per tempo situazioni di disagio più o meno latenti e magari pensare a un intervento su linee coerenti e comuni, attuando un'autentica "prevenzione". E il pensiero di collaborare allo sviluppo e alla maturità di persone nuove e sane ci sembra cosi' alto e motivante da vincere qualsiasi pigrizia possibile.

Carla Chiappini

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