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IL CALCIO CHE VALE

Ho giocato al calcio fin quando gli impegni giornalistici non me l'hanno impedito. Militai per diverse stagioni in una società dilettantistica torinese, l'U.S. Cittadella.Parlo, grosso modo, di trentacinque anni fa. Giocavo discretamente; una miopia di cospicue dimensioni m'impedì di andare oltre certi livelli, non esistevano ancora le lenti a contatto e gli occhiali (fissati alla testa con un elastico) rappresentavano un bel handicap ed un rischio. Sovente gli avversari cercavano di farteli saltare e di colpirli.

Si giocava di solito la domenica mattina; d'estate si partecipava ai tornei notturni. E' ormai passata una vita eppure ho un ricordo nitidissimo di quel periodo; certe partite, certi episodi, certi giocate sono fotografate per sempre nella mia memoria. Talvolta mi diverto a farle scorrere, a riviverle e provo ancora l'emozione di allora.Perché nessuna soddisfazione professionale (e qualcuna l'ho avuta) mi ha dato la gioia, il piacere fisico, la felicità di quelle partite. Le trasferte in tram nei sobborghi di Torino; i brevi viaggi in treno o in corriera (di macchine ce ne erano poche) nelle cittadine di provincia dove venivamo accolti con dichiarata antipatia ed un manifesto disprezzo per i signorini di città.

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