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Mi diverto dunque sono

Provati a fare un dribbling, ragazzino: dai margini ti raggiunge subito uno strillo con diffida. Ora, se cosa diverte, nella pedata giovanile, è proprio inventare gesti nuovi nella danza a schivare che è il dribbling: non si dice di secondare e ancor meno di incoraggiare i personalismi efferati dell'egoista (cioè di colui che ama ingigantire il proprio io): il troppo stroppia in tutti i campi, del lavoro come del gioco: ma se un ragazzino ci ha l'estro del bailar fùtbol, sfidando il rabbioso tackle dell'avversario e magari irridendo a lui con sfottenti sibili a labbra strette (oh yes), che santa Fantasia assista la sua voglia, e che l'avversario preso in giro a tocchi di dribbling non si rifaccia fottendogli puntate malignazze negli stinchi. Pure quelle puntate tornano utili: il ragazzino impara che, esagerando in frivole bullaggini, si rischiano pedate sacrosante: non tutto si può avere a questo mondo: rispettami davanti al mio pubblico ed io rispetterò del pari le tue caviglie.

Se però esageri nel reprimere la sua voglia di bailar fùtbol, il ragazzino alla lunga si stufa e abbandona il calcio. La pratica del gioco non è più un divertimento, è un lavoro che viene in odio, oppure dà luogo a tanti automi, esecutori meccanici dell'esercizio senza lucore alcuno d'intelligenza. Concludo augurandomi che lo slogan "Mi diverto dunque sono" consenta al vero dilettante di seguire impulsi pieni di arguzia e di felicità.

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